sabato 31 maggio 2014

IL DILANIATORE DI ANIME (Un racconto horror)

La testa bianca calva con gli occhi bordati di nero la stava osservando dall'alto, immersa nel buio.
Clara la guardò, attanagliata; e, dall'occhio sinistro della creatura, colò una lacrima di sangue. Clara ebbe un fremito incontrollabile, e il suo stomaco fu squassato dai crampi. Si piegò in due, ma la sua testa si alzò di scatto.
La creatura sogghignò, mostrando una fila di denti triangolari, affilatissimi come pugnali. Le sue pupille si dilatarono fino a ricoprire l'iride e l'intero bulbo oculare.
In quelle orbite, nere e profonde come tenebre, comparvero due figure, anch'esse bianche: Fabio e Maura, due suoi colleghi.
Non udiva le voci, ma riconobbe la scena: era il giorno in cui aveva scoperto Fabio tradire Maria con Maura.
Lui si giro e guardò Clara con un sorriso ambiguo. Lei si paralizzò: nella sua mente si affastellarono una miriade di dolorosi flash, ricordi di tutte le volte che aveva visto Maria e aveva sempre taciuto.
Cadde in ginocchio. La sagoma di Fabio comparve di fronte a lei, e le conficcò una lama nella gola. Il sangue, rosso e vischioso, cominciò a lordare il pugnale. Clara portò le mani all'elsa mentre alzava lo sguardo su di lui, che, sogghignando, si mise un indice davanti alla bocca.
Clara iniziò a estrarre l'arma, con lo sguardo infuocato su di lui, ma una fitta lancinante in mezzo alle scapole la bloccò.
Si voltò. Maria, ovvero la sua rispettiva sagoma, l'aveva pugnalata alla schiena; proprio come aveva fatto Clara con lei, tacendole il tradimento di Fabio.
Clara volse lo sguardo verso di lui, impugnò l'arma, e, con un rantolo che via via divenne un ruggito, se la estrasse dalla gola e gliela conficcò nella fronte.
Lui rimase immobile, attonito, mentre dalla ferita iniziò a sgorgare sangue nero; poi questa si allargò, il pugnale cadde, e il sangue si trasformò in una cascata di serpenti, scarafaggi, e vermi.
Il nero dilagò, dilaniando la figura di Fabio.
La luce tornò, e Clara si ritrovò nell'atrio della casa di Maria.
Ora sapeva cosa fare: doveva parlarle!

©Sergio Rilletti, 2010