Buongiorno a tutti, e Grazie per essere qui, in questo
giorno così importante per me, per la Città di Celle Ligure, e, data la vostra
presenza, anche per voi!
Ringrazio subito, senza alcun indugio,
il Sindaco, Renato Zunino, per aver deciso di conferirmi questa preziosa onorificenza,
la Civettina d’Oro, sia per meriti letterari e culturali, come scrittore, sia
per il forte rapporto che ho da sempre con questa città.
Un prestigioso riconoscimento di
cui sono molto grato e orgoglioso, e che io, non essendo Bob Dylan, ho subito accettato
con grande entusiasmo!
In effetti, il mio rapporto con Celle Ligure è iniziato ben
oltre 49 anni fa, da ancora prima di nascere, dato che i miei genitori venivano
già qui, in vacanza, da diversi anni.
Un rapporto che, a volte, mi ha
visto anche come unico rappresentante della mia famiglia, palesandomi qui con
un nutrito gruppo di amici, senza genitori.
Un rapporto che si è talmente
consolidato negli anni, che ormai considero Celle Ligure la mia seconda casa: con le strade come
corridoi, la passeggiata lungomare come mansarda, e una moltitudine di persone
affettuose e simpatiche come coinquilini.
Un rapporto che non può essere
scisso dalla mia attività di scrittore, dato che io inspiro relazioni ed espiro
racconti.
Una delle cose più piacevoli della vita è proprio
questa. Fermarmi a rimirar il mare.
Lo faccio spesso, quando
vengo a Celle Ligure.
Mi piazzo qui, dove il mare
arriva fin sotto la passeggiata, e lo contemplo; lo osservo allungarsi fino
all’orizzonte, e oltre.
Il mio sguardo fluttua sulle
acque, veleggia, e, sospinto dai ricordi, mi riporta al passato.
Quello che avete appena sentito è l’incipit di Una vacanza formativa, un mio recente
racconto autobiografico che ho scritto per la rivista SuperAbile Inail, dove parlo di una vacanza particolarmente
significativa per me come persona disabile e che ho voluto far iniziare e
finire proprio qui, a Celle Ligure, in un affettuoso abbraccio a questa città.
Potrei fare l’intera cronistoria
della mia vita vacanziera cellese, scandita dai miei vari mezzi di locomozione:
prima il passeggino, poi la carrozzina manuale, e, infine, da circa trent’anni,
le diverse carrozzine elettriche, sempre più moderne e sofisticate.
Già, potrei. Invece farò altro.
Parlerò, invece, di autonomia e di libertà, e dei rapporti che ho potuto tessere, da solo, grazie a
questa città, priva di barriere architettoniche. Comincerò, quindi, con una
rapida e schematica carrellata tra le persone che ho potuto conoscere
scorrazzando liberamente tra la mansarda e i corridoi di questa mia seconda casa.
I diversi gruppi di amici, che,
dall’età di vent’anni, ho scelto di frequentare, cambiando anche compagnie o
tenendomi stretti solo alcuni loro elementi, passando da un luogo all’altro, da
una spiaggia all’altra, sempre ben accolto, devo dirlo, dai proprietari degli
stabilimenti balneari e dai loro solleciti bagnini.
E poi, i proprietari dei negozi
(bancarelle comprese), dei ristoranti, e dei locali, che mi salutano, scambiano
quattro chiacchiere con me, mi manifestano la loro simpatia in modi diversi, e,
all’occorrenza, a un segnale implicitamente convenuto
(le quattro frecce della mia carrozzina che lampeggiano
simultaneamente),
capiscono che devono prestarmi aiuto.
Le cameriere e le dipendenti dei
suddetti esercizi commerciali, simpatiche e disponibili come i suddetti proprietari,
ma con le quali… mi soffermo un po’ di
più!
Gli educatori, i volontari, e
gli ospiti di Villa Maria Teresa, di stanza ai Piani di Celle - una splendida comunità
per le persone con disabilità, un autentico fiore all’occhiello di questa città
-, che non solo mi salutano con grande entusiasmo ogni volta che mi incontrano,
ma vengono pure alle presentazioni dei miei libri.
I giovani e mitici scout nautici di Celle Ligure, e i
relativi capi, che, dall’estate 2015 - quando, impossibilitato a guidare, decisero
di allietarmi le serate uscendo con me -, non perdono occasione per salutarmi
e, a volte, per chiacchierare un po’.
Le autorità e le Forze dell’Ordine
cellesi, con cui ho sempre avuto un buon rapporto, anche di dialogo.
Il personale del Comune, per il
quale, ormai, credo di essere diventato una sorta di cugino adottivo, che mi guarda con simpatia, aiutandomi, ogni volta
che entro.
E, per concludere questa rapida carrellata
con una nota un po’ folkloristica, l’abituale e fortuito incontro con “Ciao,
Freccia!”, il confidenziale saluto che, da anni, un gruppo di ragazzi mi riserva
ogni volta che mi incontra, per poi dileguarsi, l’istante immediatamente
successivo, tra la folla e nell’ambiente.
E poi tantissime persone, di
tutti i tipi, che è proprio impossibile elencare in modo esaustivo, provenienti
dalle diverse realtà cellesi (turisti compresi), che mi fermano - alcuni
dichiarandosi pure miei lettori - o
che fermo io, per un reciproco scambio di relazioni; facendo mie le suggestive
note e parole di Hey man, una delle
canzoni più belle, anche se meno conosciute, di Zucchero.
Ma non è tutto qui, ovviamente: perché libertà e autonomia
vogliono dire anche integrazione. Integrazione
nella vita sociale della città, avendo, quindi, la concreta possibilità di
partecipare, autonomamente, alle sue iniziative,
tessendo così nuove relazioni. E io credo di poter asserire, con relativa certezza,
che si potrebbe fare un volume piuttosto corposo, stilando semplicemente l’elenco
di tutte le iniziative a cui ho partecipato (a volte anche come protagonista).
Tra tutti questi eventi, oltre
ai concerti della Banda G. L. Mordeglia, che seguo puntualmente da tempi
immemorabili, e a quelli dei Mezzosotto, un formidabile ed elettrizzante
quintetto di cantori a cappella, ne voglio ricordare due che sono stati proprio
fondamentali per me.
La Mostra Internazionale del Cinema Indipendente, che per 12 anni ha
ravvivato le estati cellesi, invitando anche ospiti prestigiosi - tra cui
Alessio Boni, Enzo Iacchetti, e la
partecipazione virtuale di Andrea G. Pinketts -, e che speriamo
(plurale d’obbligo, perché speranza collettiva)
possa ritornare presto; e Libri al sole, il prezioso festival letterario organizzato
dall’omonima Associazione Culturale, e dedicato all’editoria di piccola e media
grandezza, che speriamo
(plurale sempre d’obbligo)
possa continuare ancora a lungo.
Due belle manifestazioni che non
mi sono limitato a seguire solo come spettatore, ma dove, avendo dei sogni da
scrittore, e degli obiettivi ben precisi da raggiungere, munendomi di una certa
dose di coraggio mi sono messo direttamente
in contatto con gli organizzatori. Riuscendo sempre a raggiungere i miei scopi.
E tutto ciò perché Celle Ligure
è una località accessibile a tutti!... Neonati (in carrozzina) compresi.
Già, i bambini. Con loro ho un rapporto speciale: quelli che
mi conoscono, e che considero dei piccoli amici, mi accolgono sempre con
un’esplosione di felicità, correndomi pure incontro; gli altri, quelli che
magari mi notano per strada, si fermano, mi scrutano, e, giustamente incuriositi, mi parlano, cercando pure di capirmi; e
alcuni ci riescono. Anzi: qualcuno, che mi conosce da quando andava all’asilo,
ci riesce talmente bene che mi fa persino da traduttore ai propri genitori!
Ma il rapporto con la città di
Celle Ligure si è consolidato definitivamente quando, circa dieci anni fa, una
signora, vedendo che ero dispiaciuto di non poter andare in chiesa (causa
scalinata all’ingresso), informò mia mamma che c’era un percorso alternativo dotato
di una rampa e un ascensore.
Lì, don Piero Giacosa, il
parroco della Parrocchia San Michele, mi accolse subito con grande entusiasmo,
facendomi partecipare, in modo eclatante, alla Veglia Pasquale, che cominciava
pure con un falò all’esterno, avendo cura di farmi vivere assolutamente tutto,
sin dal principio, al meglio; immettendomi, di fatto, in quella comunità
parrocchiale, e riempiendomi di esuberante affetto ogni volta che mi vedeva.
Una comunità che ho trovato
subito festosa e accogliente, e in cui ho voluto proprio integrarmi, ampliando
pure le mie conoscenze. Complice anche una bimba piccolina che, scrutandomi e
venendo a farmi le carezze ogni volta che mi vedeva a Messa, mi ha permesso di
conoscere i suoi genitori.
Integrazione che si è
consolidata qualche estate dopo, quando, assieme a mia madre, partecipai a una
serie di incontri di preghiera, in stile Taizè, che si tenevano nella cappella della
Casa di Riposo di questa città. Un’esperienza molto emozionante, di
aggregazione, organizzata da don Pietro Pinetto, che in quel periodo guidava la
Parrocchia San Michele: una persona di garbo, gioiosa e mite al tempo stesso,
di cui ho un bellissimo ricordo che niente e nessuno potrà mai dissipare.
La stessa Casa di Riposo fuori
dalla quale, fino a poco tempo prima, un terzetto di anziani, capeggiati da una
certa signora Rosa, ogni volta che mi vedevano passare, mi fermavano per un
veloce, e ben augurale, scambio di battute. Un doppio-appuntamento giornaliero a
cui aderivo molto volentieri, sapendo che, a loro volta, attendevano con gioia
il mio passaggio.
Una realtà, quella cellese, che
ho sempre cercato di rappresentare nei miei racconti.
Ora, mentre mi guardavo attorno, mi domandavo se,
almeno quel giorno, erano fuori servizio; se, almeno per quel giorno di festa,
il telefono avrebbe potuto non squillare.
Una conoscenza di vecchia
data mi distolse dai miei pensieri. Parlammo un po’, poi io e i miei genitori
andammo a fare un giro per i locali della nuova sede; e, quando tornammo nel
salone, due bionde si stavano esibendo al karaoke.
Dopodiché, qualcuno cominciò
a ballare.
Una sorta di garbata
discoteca senza luci psichedeliche. E senza, soprattutto, il lampeggiante
azzurro, che illumina le sere e le notti estive quando l’ambulanza è ferma a
soccorrere qualcuno.
Già. Chissà se, almeno per
quel giorno, il telefono avrebbe potuto non squillare!
Il brano che avete appena sentito è tratto da La festa degli angeli, un altro mio racconto
autobiografico, in cui però ho il semplice ruolo di “testimonial della realtà”,
che ho scritto dopo aver partecipato alla festa d’inaugurazione della nuova
sede della Croce Rosa cellese. Un sentito omaggio, spero gradito, che ho voluto
ufficialmente dedicare, in qualità di scrittore, a tutti i suoi volontari,
immedesimandomi in loro.
Un racconto che, assieme a Solo!, il mio racconto autobiografico
per eccellenza - tuttora scaricabile gratuitamente dal web -, e a quattro
avventure di Mister Noir, è stato poi pubblicato ne I Misteri di Mister Noir, un’antologia, ormai introvabile, che
l’Associazione Progetto Cine Indipendente Onlus, di Celle Ligure, ha voluto pubblicare
in occasione dell’omonimo storico
incontro, da lei stessa organizzato nell’Agosto 2011, che mi ha visto, per la
prima volta, protagonista assoluto.
Ed è proprio in una di queste
avventure, Attentato al Cineindipendente,
ambientata in diverse zone di Celle Ligure, che, in una miscela di fantasia e
realtà, ho messo in evidenza il percorso alternativo,
munito appunto di rampa e ascensore, che collega la Chiesa San Michele al mondo
esterno.
Quell’incontro fu un successo, e
l’omonima antologia, stampata in tiratura limitata di 100 copie, andò esaurita
in meno di 36 ore (ore di sonno comprese).
Ma il connubio tra Mister Noir e
Celle Ligure non si limita solo a questo. Il successo si replicò l’estate
successiva, quando proprio qui, nella Sala Consiliare del Comune, presentai, in
anteprima assoluta, Capacità Nascoste,
un’antologia di racconti thriller con protagonisti diversamente abili e le loro reali capacità, che curai con Elio
Marracci, e che vide la partecipazione anche di Andrea G. Pinketts, Andrea
Carlo Cappi, e Mister Noir. L’accoglienza fu talmente strepitosa che una
libraia mi confessò che, quell’estate, qui a Celle Ligure, quel mio libro aveva
venduto più copie di 50 sfumature di
grigio, il bestseller del momento, facendomi sentire vittorioso e tronfio:
un po’ come Asterix contro l’Impero Romano!
Mr. Noir affrontò le prime due
rampe della giornata, salendo e scendendo da un marciapiede, che gli
consentivano di proseguire su quel lato della strada [di Via Colla] e di
attraversare, più avanti, sulle strisce pedonali.
Era rassicurante per Mister Noir
constatare che il Comune si era adoperato per abolire quella barriera,
permettendo a tutti di andare ad attraversare la strada sulle strisce pedonali,
in perfetta sicurezza… e legalità.
Arrivò alle strisce.
Guardò a sinistra e a destra.
Non arrivavano macchine.
Guardò meglio.
Non c’erano nemmeno gatti neri.
Attraversò.
A sua insaputa, l’ora di terrore
del ragazzino si stava avvicinando. A pari passo con la sua carrozzina.
Giunto in Via Boagno, che tutti
conoscono come Piazza del Municipio, la piazza principale del paese, salì sul
Lungomare Ponente, che costeggia e corteggia il centro storico, mostrando le
case colorate, che danno sollievo solo a guardarle, i locali, e alcuni negozi.
Inseguimento a ruota,
da cui è stato tratto questo brano, è un racconto che ho scritto nell’Agosto 2006 per il sito della
LEDHA - Lega per i diritti e la dignità delle persone con disabilità -, che ha
sempre manifestato il proprio entusiasmo per Mister Noir - il primo eroe disabile
seriale della Storia della letteratura italiana, protagonista oltretutto di
thriller umoristici -, sin dalla sua prima avventura.
Un racconto in cui ho voluto attribuire al mio
personaggio seriale un’esperienza che
ho realmente vissuto all’età di vent’anni proprio qui, a Celle Ligure, e che ho
riprodotto fedelmente, intenzioni e deduzioni comprese, aggiungendovi alcune
situazioni-tipo, che mi capitano abitualmente quando passeggio in questa città,
suggellando il tutto con l’aplomb tipico di Mister Noir.
Un racconto che, assieme ad
altri sei, compone il mio libro Le
avventure di Mister Noir (Cordero Editore). Un libro, nato per celebrare la
nascita editoriale di Mister Noir, la cui gestazione ha avuto molto a che fare con
la mia vita cellese, come narro in alcuni aneddoti, alla fine del libro stesso.
Un libro dove, tra le altre
cose, nel bel mezzo di un’anomala rapina palindroma, Mister Noir interviene, un
po’ alla Bud Spencer, in difesa di due bambini, vittime di un atto di bullismo.
Un’antologia di racconti che,
secondo diversi docenti, bisognerebbe far leggere nelle scuole.
Un libro grazie al quale, a causa
di una sagace battuta di Mister Noir sulle barriere architettoniche, un
negoziante reale, di cui sono un
assiduo cliente da svariati anni, si è accorto che il suo locale non è
accessibile alle carrozzine, inducendolo a promettermi che si sarebbe adoperato
a risolvere il problema.
Un libro che a ogni
presentazione ha attirato una marea di pubblico, per la gioia, e lo stupore,
dei diversi organizzatori.
Un libro la cui ultima presentazione
qui a Celle Ligure, svoltasi allo Spazio
SMS Messaggi d’Arte con il patrocinio del Comune, ha visto coinvolta l’intera
città, rendendo quasi impossibile trovare un luogo dove non fosse esposta la locandina dell’evento. Un calore smisurato che
ho riscontrato anche durante l’incontro, quando, vedendo persino persone in
piedi assieparsi fin fuori dal locale, per un attimo ho avuto una crisi
d’identità, pensando di essere Vasco Rossi.
E poi domande a raffica, che
fioccavano da tutte le parti; e, nell’entusiasmo generale, qualcuno si alzò e propose
di nominare Mister Noir “cittadino onorario di Celle Ligure”.
E infine, dopo qualche giorno, ricevetti
la proposta di fare un film.
Oggi noi siamo tutti qui grazie al Sindaco Renato Zunino,
che ha voluto inaugurare questa magnifica onorificenza, dopo otto anni dalla
sua istituzione, attribuendola proprio a me.
Ora, prima di avviarmi al finale
di questo mio lungo intervento, spero degno di tanta Civettina d’Oro, devo,
anzi voglio, ringraziare tre persone
che ho proprio voluto qui con me, oggi, in questa speciale occasione.
Tre illustri colleghi e,
soprattutto, tre veri amici.
Daniele G. Genova, con cui ho
condiviso diverse serate cellesi, e che, assieme a Martin Zanchetta, ha
condotto l’eccezionale presentazione, indipendentemente dal sottoscritto, che
vi ho appena raccontato, caricandola di simpatia e umanità, sorprendendo
veramente tutti, compreso me.
Andrea G. Pinketts, che, con la sua roboante ironia, è
riuscito subito a stabilire una bella intesa con me, accogliendomi nel suo
gruppo a braccia talmente aperte da portarmi lui stesso su e giù dalle scale
del Boulevard Café di Milano. Un’intesa
predestinata a manifestarsi in modo ottimale, dato che, anni prima, a nostra
reciproca insaputa, collaboravamo entrambi ad Achab-Il corriere dell’avventura.
E, infine, Andrea Carlo Cappi, doppiatore ufficiale dei
miei pensieri - come sta facendo, anche in questo preciso momento, qui davanti
a tutti voi - e, soprattutto, mio mentore. E’ stato lui che, quando era alla
guida di M-Rivista del mistero, ha cominciato
a darmi visibilità, pubblicando assiduamente i miei articoli e i miei racconti,
tra cui Solo!, a cui ho accennato
poco fa, e la serie di racconti Le avventure
di Mister Noir, che ora, in qualità di Direttore Editoriale della Collana M di Cordero Editore, ha voluto
ripubblicare, aggiungendovi qualche inedito, nell’omonima antologia; rendendosi
quindi corresponsabile, in automatico, di tutto quello che vi ho raccontato
finora.
Ora,
mentre mi avvio verso il rush finale, non posso non ricordare La Grande Truffa (Un giallo tutto d’oro),
un thriller umoristico a puntate che scrissi nel lontano 1988 per Notizie Da, il notiziario della
Parrocchia San Martino in Villapizzone di Milano che, in cuor mio, ho sempre
considerato e trattato come una rampa di
lancio per il mio sogno di diventare uno scrittore famoso.
Un racconto che, ambientato qui a Celle Ligure, aveva come
protagonisti me e un gruppo di miei amici.
Un racconto che, per via dello stile e di certe idee - ed
essendo io convinto, anche allora, di quello che stavo facendo -, oggi posso
tranquillamente considerare l’antesignano delle avventure di Mister Noir. Un transfert riuscito talmente bene, che,
ormai, tutti considerano me l’alter
ego di Mister Noir (anziché viceversa).
Bene.
Ora sono veramente giunto al rush finale.
Quindi, ringraziando ancora di tutto cuore il Sindaco Renato
Zunino per la lungimiranza e il coraggio
con cui ha voluto conferire la prima Civettina d’Oro di questa città proprio a
me, che, come avrete intuito all’inizio, per me equivale a un Premio Nobel, voglio
dedicare il mio ultimo pensiero ai miei genitori, a mia sorella, alla mia amica
Simona, e a tutti coloro che hanno sempre concretamente sostenuto il mio sogno
di affermarmi come scrittore; ma, soprattutto, a mia nipote e a tutti i miei
giovani e piccoli amici.
Eh sì. Perché, come dico sempre quando vado a incontrare
gli studenti nelle scuole, citando la canzone Uno su mille (ce la fa) di Gianni Morandi - che ha fatto da colonna
sonora e da sprone al mio sogno, soprattutto nei momenti più bui -, impegnandosi
sempre al meglio, approfittando di ogni opportunità (magari andandole pure a
cercare), e non mollando mai, ma proprio mai, prima o poi i propri sogni si
realizzano.
E questa Civettina d’Oro ne è la prova!
©Sergio Rilletti, 2017